Memorie dalla Zona - Giorno 1 (seconda parte)

Per lo Smemorato e i suoi compagni è tempo di mettersi in strada, il primo passo di un lungo viaggio attraverso la Zona.

-Madness-

(seconda parte)

Poco dopo ci incamminammo in silenzio verso sud lungo una vecchia strada asfaltata. Il sole doveva essere ormai altro nel cielo ma era impossibile vederlo perché era coperto da una spessa coltre di nubi.
“Speriamo almeno non piova.” Dissi, era una banalità ma quel silenzio era pesante.
“Qui nella Zona non si può mai dire” Disse Sergey “Il cielo è quasi sempre coperto ed è difficile indovinare se le nuvole siano innocue oppure no, meglio che tu ci faccia presto l’abitudine perché che ci sia vento, pioggia o un sole che ti scioglie se c’è da fare un lavoro devi muoverti. Imparerai presto a trovare riparo quando arriva la sera, non è saggio muoversi con il buio. Gli animali diventano più aggressivi e le anomalie più difficili da vedere.”
“A proposito, guardate avanti” Disse Aleksey
“Che cosa?” Chiesi. Scrutai la strada, inizialmente non notai niente di strano ma poi la vidi, come una sagoma invisibile che era possibile scorgere solo dai contorni. Aveva una forma sferica, era alta circa un metro da terra e sembrava pulsare leggermente, se non fosse stato per quel movimento non l’avrei mai notata.
“Adesso la vedo, che cos’è?”
“Probabilmente un’anomalia gravitazionale” disse Aleksey “state indietro, se è ciò che penso esploderà al contatto con il bullone.”
Ne trasse fuori uno dalla tasca e lo scagliò contro l’anomalia che provocò una serie di onde d’urto, venimmo investiti da un vento fortissimo che ci gettò a terra. Aleksey iniziò a ridere, seguito subito dopo da Sergey e l’Italiano.
“Avreste dovuto vedere le vostre facce” Continuò Aleksey ridendo. “Ora che abbiamo visto la portata dell’anomalia possiamo aggirarla, venite.”
Ci togliemmo dalla strada, girammo intorno all’anomalia e proseguimmo.
“Dove stiamo andando esattamente?” Chiesi.
“Al villaggio del Cordone” disse l’Italiano “i nostri compagni di viaggio sono diretti li, inoltre c’è un trafficante di nome Sidorovich, è l’anello più importante della nostra catena di scambi, tutto ciò che entra ed esce dalla zona passa dalle sue mani, inoltre è il trafficante più vicino perciò se qualcuno ti ha derubato è molto probabile che sia andato a rivendere la tua roba da lui.”
“Ottimo, allora direi che potresti iniziare a raccontarmi la storia di questo famoso Strelok”
“Giusto, sarebbe stato più comodo e divertente farlo attorno ad un fuoco ma purtroppo il tempo è tiranno anche qui. Allora, da dove comincio? Be’ dall’inizio.
Questa è la storia di un misterioso stalker senza memoria trovato vivo in un camion della morte. Ti dice qualcosa? Circa un anno fa un anonimo stalker che passava da queste parti vide un camion della morte ribaltato, si fermò per vedere se poteva recuperare qualcosa di utile quando scoprì che c’era un uomo ancora vivo e lo portò da Sidorovich. Era la prima volta che incontrava un sopravvissuto di quei camion per ciò Sidorovich era estremamente curioso di sapere la storia di quell’uomo che portava il marchio. Quando l’uomo rinvenne però scoprì che era senza memoria e con un’unica missione registrata nel palmare, “uccidere Strelok”, Sidorovich decise allora di aiutare lo sconosciuto in quanto lui stesso era interessato alla vicenda. In cambio però lo sconosciuto avrebbe dovuto lavorare per lui.
Gli disse che Strelok era uno stalker di quelli che stanno sempre per i fatti loro e raramente entravano in contatto con gli altri gruppi, si diceva che avesse trovato una via sicura per raggiungere il centro della Zona senza passare per il bruciacervella, una grande struttura che fa impazzire le persone rendendole una sorta di zombie, se mai ti capiterà di passare per il lago di Yantar li vedrai, queste strutture sono ancora in funzione  e capita ancora che qualche stalker poco saggio sfidi la fortuna e si trasformi in uno di quei mostri.
Lo sconosciuto che venne chiamato Marchiato venne mandato ad indagare nella zona della Agroprom, una struttura costruita su una zona fortemente inquinata, un centro di ricerca fondato subito dopo l’incidente alla centrale per indagare sulla possibilità di coltivare su terreni contaminati dalle radiazioni. Quello che vi trovò il Marchiato sembrava suggerire altro.
Ora bada bene che tutto quello che ti racconterò dovrai prenderlo con le pinze, si tratta pur sempre del racconto di un solo uomo che è stato condiviso con molte persone, è impossibile determinare quanto sia vero e quanto sia stato ingigantito. Personalmente sono disposto a credere a molti di questi eventi eccezionali perché non hanno molte altre risposte razionali, inoltre avendolo ascoltato dal diretto interessato devo credere in lui anche per il solo fatto che sia ancora vivo e che abbia riportato le prove delle sue imprese.
Comunque sto divagando. Parlavamo dell’Agroporm, l’istituto è un grande edificio al centro di un complesso recintato, all’epoca era in mano ai militari che ne conservavano i segreti in attesa di una estrazione che tardava ad arrivare ormai da tempo, sembrava una fortezza inespugnabile ma il Marchiato ebbe un colpo di genio. Scese nel sottosuolo, un posto pericolosissimo a detta di quelli che lo hanno visitato, anomalie, mostri e banditi, il tutto concentrato in pochi corridoi, si fece strada fino all’uscita giusta e riemerse direttamente dentro le mura del complesso. Nessuno riesce a capire come ma il Marchiato riuscì da solo a farsi strada in mezzo ad un vero e proprio esercito fino al secondo piano dell’edificio principale, prese i documenti e fuggì.
Arrivato alla sicurezza del Bar degli stalker diede un’occhiata ai documenti e scoprì che in quell’istituto fecero ben poche ricerche agricole ma sembrava fungesse da centro di smistamento merci per altri laboratori sparsi nella zona, uno dei quali venne indicato con il nome in codice X18 ed ubicato nella zona chiamata Valle Oscura. Nessuno era mai riuscito a scoprirlo prima perché il laboratorio era chiuso da una spessa porta blindata con chiusura elettronica e mai nessuno aveva scoperto la combinazione. Indagando un po’ scoprì che non era poi così difficile procurarsela, riuscì ad aprire la porta e ad introdursi nel sotterraneo.
Il Marchiato non ha mai voluto fornire grandi dettagli di ciò che vide laggiù, riferì solo che vi compirono strani esperimenti su esseri viventi anche umani, che era pieno di anomalie e che non avrebbe mai rivelato il codice d’accesso per evitare che qualcun altro potesse entrarvi andando incontro a morte certa.
L’incursione non fu comunque infruttuosa perché scoprì un altro laboratorio segreto, nome in codice X16, situato nella zona del lago Yantar. All’epoca la zona era battuta da periodiche tempeste di emissioni elettromagnetiche provocate da una struttura simile al bruciacervella, un emettitore in grado di interagire con il cervello umano e che ti trasforma in uno zombie. Nonostante la pericolosità il Marchiato si diresse comunque nella zona dove trovò un gruppo di scienziati già li da tempo. Con l’aiuto del Marchiato riuscirono a fabbricare in sistema di protezione dalle emissioni, in modo che lui potesse introdursi nel laboratorio.
Scese nel laboratorio e questa volta raccontò diffusamente di ciò che vide, in fondo al laboratorio trovò una grande struttura verticale che conteneva una qualche forma di vita, qualunque cosa fosse era quella cosa che produceva le emissioni poi amplificate dalle antenne del complesso. Sembrava che in quel laboratorio avessero effettuato esperimenti sulle potenzialità psioniche del cervello umano ed in qualche modo sembravano esserci riusciti anche se le cavie degli esperimenti, gli zombie che una volta erano stati stalker, sembravano aver subito gravi danni cerebrali.
Intanto in queste missioni aveva raccolto altre informazioni su Strelok, sembrava che un anno prima fosse riuscito ad arrivare fino alla centrale nucleare ma che si era trovato davanti ad una porta chiusa che non era riuscito a forzare, costretto a tornare era quasi morto nel farlo. Quando si rimise tentò di nuovo l’impresa e scomparve. Il Marchiato allora capì che qualunque fosse il suo obiettivo le risposte le avrebbe trovate solo al centro della Zona. Il suo obiettivo successivo era il Bruciacervella, la struttura principale responsabile delle emissioni che bloccava la strada verso il centro della zona ma che adesso con il sistema di protezione era possibile affrontare. La struttura comunque era situata nella Foresta Rossa, forse l’area più contaminata e letale della Zona, seconda solo all’interno del sarcofago del reattore esploso. Inoltre se questo non fosse abbastanza la struttura era presidiata dai Monolith, una setta di fanatici adoratori del Monolite.
Aspetta un secondo”.
Aleksey e Sergey ci avevano distanziati di alcuni passi, ora erano fermi e guardavano avanti, li raggiungemmo. Eravamo in cima ad un avvallamento, da li potevo osservare tutto intorno. La strada proseguiva dritta fino ad un ponte che anche da qui potevo notare fosse crollato, era un ponte ferroviario perché potevo distinguere una locomotiva da un lato e dei vagoni a terra. Tutt’intorno c’erano prati, qualche cespuglio e pochi alberi, potevo distinguere qualche sagoma in movimento la in mezzo ma era impossibile dire che animale fosse da così lontano.
“Cosa vedete?” Chiese l’Italiano.
“Niente di buono” rispose Sergey che aveva il binocolo in mano “I militari hanno ripreso il controllo del ponte”
“Avete i soldi per pagare il pedaggio?” chiese l’Italiano.
“Noi si” Rispose Aleksey “Tu?”
“Io ho giusto quelli per me” rispose l’Italiano “ma immagino che il nostro amico smemorato qui ne sia sprovvisto.”
“Infatti è così” risposi. “Perché chiedono un pedaggio per passare?”
“In teoria quel posto di blocco sarebbe una posizione avanzata del cordone di sicurezza, l’ultima linea messa in atto per cercare di bloccare la gente che cerca di entrare nella zona, in pratica i militari che lo presidiano hanno visto che è molto più comodo e remunerativo spillare soldi a chiunque passi di li, se paghi sei libero di passare, altrimenti sono affari tuoi. Tentare di forzare il blocco con le armi è una pessima idea, sono tanti, ben armati e ben arroccati in mezzo alle macerie dei vagoni crollati, tanto basta a dargli sufficiente tranquillità.”
“Insomma ci dobbiamo arrangiare” disse Aleksey “proviamo con la galleria delle anomalie?”
“No” rispose l’Italiano “le anomalie sono attraversabili solo dall’altro lato, inoltre dall’ultima volta che si sono formate sono diventate meno regolari, è diventato troppo pericoloso tentare di attraversarle. Se volete conosco una via alternativa, solo che è piuttosto pericolosa perché ci porta molto vicino ad anomalie, radiazioni e animali, inoltre allungheremo la strada di un pezzo.”
I miei accompagnatori rimasero in silenzio qualche secondo per decidere cosa fare, io sapevo di non aver voce in capitolo perché essendo disarmato non ero altro che un altro bagaglio da portarsi dietro.
“Piuttosto di rischiare una sparatoria preferisco le anomalie. Per me va bene” rispose Sergey.
“Anche per me. Mostraci la via, Italiano” rispose Aleksey.
“Siamo d’accordo” disse l’Italiano. “Andiamo, proseguiremo lungo la strada ancora un po’, poi piegheremo a sinistra verso Est, taglieremo lungo i prati, occhi aperti visto che potremmo infilarci nel nido di un branco di cani o peggio di cinghiali. Ci toglieremo quasi subito dai prati appena saremo fuori dalla visuale del posto di blocco sotto al ponte, raggiungeremo il tracciato della ferrovia e la seguiremo ancora verso est. Circa un chilometro più avanti ho scoperto un buco nella recinzione dove potremo attraversare la ferrovia. Vi avverto sin da ora che il tracciato ferroviario per qualche motivo è fortemente radioattivo, dovremo attraversarlo di corsa, inoltre una volta dall’altra parte ci saranno diverse anomalie ad aspettarci ma non potremo fermarci perché ci saranno anche diversi animali nei dintorni, insomma fate estrema attenzione. E tu Smemorato, prendi questa.”
L’Italiano mi porse una pistola che afferrai, mi diede anche un paio di caricatori che misi in tasca.
“Sai come si usa?”
Un lampo mi attraversò il cervello, una pistola di fronte a me, nella mia mano.
“Ricordo di averne avuta una in mano una volta, se l’ho usata il corpo ricorderà”
“Giusta considerazione. Un consiglio: gli animali non ti spareranno addosso per ciò aspetta che ti siano molto vicini per sparare, tira il grilletto solo se è un colpo sicuro, le munizioni nella Zona non mancano ma sono comunque costose. Ora andiamo”
Ci incamminammo nel prato, l’erba ci arrivava alla vita ed era difficile capire dove stavamo mettendo i piedi, procedevamo lentamente e con circospezione, consapevoli che stavamo entrando nel territorio degli animali.
Camminammo a lungo ed in silenzio, prima verso est, poi di nuovo verso sud, il terreno si innalzava ed arrivammo velocemente in cima alla cresta su cui giaceva il tracciato ferroviario. C’era una recinzione di filo spinato che correva lungo tutto il margine della cresta, ci avvicinammo rimanendo comunque a distanza di sicurezza. Sentii dei ticchettii provenire dai miei compagni, capii che si trattava di contatori Geiger, cominciavano i veri pericoli.
“Le radiazioni iniziano ad essere pericolose?” Chiesi.
L’Italiano tirò fuori un oggetto da una tasca del giubbotto e lo osservò.
“Venti milliSievert, niente di preoccupante se ci togliamo da qui al più presto. Più ci avviciniamo alla ferrovia e più saliranno, sulle rotaie una volta ho rilevato un picco di quattrocento milliSievert, è abbastanza per sentirti male all’istante. Quando raggiungeremo il buco nella recinzione dovremo correre perché il buco dall’altra parte è lontano una decina di metri, se ci va bene e non accusiamo subito sintomi da avvelenamento dovremo comunque fermarci da qualche parte e buttare giù un po’ di Vodka. Oh, eccoci, siamo arrivati.”
Vidi un buco nella recinzione, i fili non erano strappati, qualcuno aveva tagliato di proposito la recinzione.
“Mettiamoci in fila, entriamo di corsa ed usciamo di corsa, io vado per primo così vi mostro dov’è il passaggio dall’altra parte, appena uno parte subito l’altro lo segue, attenti a dove mettete i piedi, se inciampate non torno indietro ad aiutarvi. Pronti? Andiamo”
L’Italiano raggiunse il passaggio, corse verso destra sulla ferrovia e dopo alcuni metri voltò verso l’altro lato e scomparve, io andai per secondo, corsi con tutto il fiato che avevo in corpo e quasi inciampai, arrivai all’altro passaggio e mi ci tuffai, il pendio era ripido e scivolai, finendo per rotolare fino ai piedi dell’Italiano.
“Non male ma ricorda una cosa, è strettamente necessario che tu impari a rimanere in piedi in qualunque situazione, non importa quanto lento tu possa diventare ma finché sei in piedi puoi scappare e difenderti sparando, se cadi a terra ricordati che sei morto. Ora andiamo.”
Aleksey e Sergey arrivarono in un attimo, nemmeno il tempo impiegato dall’Italiano per dirmi quelle cose, ci rimettemmo subito in marcia.
“Vi sentite tutti bene?” Chiese Aleksey “il ticchettio del mio Geiger sembrava impazzito, per ora sto bene ma appena inizieremo a sentire nausea sarà meglio fermarci”
“Va bene, sbrighiamoci però, ho visto strani movimenti nell’erba più avanti” disse Sergey. “Io proporrei di tornare sulla strada, se proseguiamo verso ovest faremo la stessa strada e torneremo velocemente sui nostri passi.”
“Meglio di no” disse l’Italiano “se i militari ci notano potrebbero capire che siamo gli stessi quattro che si sono incamminati verso est dall’altro lato e capirebbero il trucco, inoltre avremmo parecchia strada da fare prima di trovare un rifugio sicuro. No, meglio proseguire verso sud, non molto distante da qui c’è una vecchia fabbrica, se non è in mano ai banditi potremo trovare rifugio.”
Verso sud la strada era piuttosto sconnessa, il terreno formava avvallamenti con fango nelle zone più basse e parecchi cespugli che rallentavano il nostro viaggio. Più volte rischiammo di cadere in pozze fangose e probabilmente radioattive, per fortuna Aleksey prese in mano la situazione e ci guidò in mezzo a quel labirinto di pozze e cespugli spinosi.
“Sei già stato qui prima?” Chiese l’Italiano.
“No, mai, di solito seguo la strada quando attraverso il cordone”
“Come fai ad orientarti qui allora?”
“Osservo i cespugli, come sono cresciuti, qual è la posizione lungo le creste, in zone come queste cerca sempre di stare vicino agli alberi, è meglio dell’alternativa”
“Zitti!” disse Sergey.
Ci fermammo ed ascoltammo. Il vento trasportava dei rumori, come grossi animali che si muovevano tra i cespugli, impossibile dire quanto fossero lontani. Estraemmo le armi e procedemmo con cautela. Attraversammo un cespuglio e scoprimmo che eravamo usciti da quel labirinto, a quanto pareva li il terreno era molto più regolare. Continuammo a camminare, facendo attenzione a non fare rumore, i rumori sembravano provenire da dietro un gruppo di alberi e cespugli, vidi Sergey articolare silenziosamente la parola “cinghiali”, gli altri fecero un cenno di assenso e proseguirono. Io rimasi li, in quel momento venni investito da una nausea insopportabile, non feci nemmeno a tempo ad avvertire i miei compagni che vomitai tutto ciò che avevo nello stomaco.
Tutto accadde in un attimo, vidi i cespugli aprirsi ed emergerne un enorme animale, era alto come un toro ma indubbiamente era un cinghiale, solo molto più grosso del normale, un enorme animale mutato dalla zona attirato dal rumore che mi stava caricando come una furia, sentii le urla dei miei compagni ma non riuscii a capirne il senso, raccolsi tutte le mie forze ed un attimo prima che quello mi fosse addosso riuscii a scansarmi. Ero in preda alla nausea e a capogiri, a malapena mi reggevo in piedi, vidi come al rallentatore il cinghiale che si guardava intorno disorientato, si girava e puntava di nuovo verso di me. Alzai la pistola e mi preparai a sparare, la mano mi tremava in maniera incontrollata e dubitai di poterlo centrare ma aspettai che si avvicinasse ancora un po’, tirai il grilletto e vidi una ferita aprirsi sulla testa dell’animale che però non sortì alcun effetto. Provai a schivarlo di nuovo ma questa volta non fui sufficientemente veloce, il cinghiale girò la testa e riuscì a piantarmi una zanna nella gamba sinistra. Crollai a terra e vidi per la seconda volta l’animale rallentare, girarsi e puntarmi nuovamente. “E’ finita” pensai “sono a terra, questa volta non riesco a schivarlo”, il tempo di formulare questo pensiero e vidi il cranio dell’animale esplodere in una nuvola di sangue. 
Arrivò l’Italiano che mi aiutò ad alzarmi in piedi, vidi il Sergey che osservava il corpo dell’animale, il fucile a canne mozze fumante ancora in mano, mi guardai intorno ma non vidi l’ultimo dei miei compagni.
“Dov’è Aleksey?” Chiesi a fatica, ogni parola mi provocava un attacco di nausea.
“Sono qui, novellino.” Sentii apostrofarmi alle mie spalle. Mi girai piano, a causa della nausea e della ferita non riuscivo a stare in piedi ed ero aggrappato all’Italiano. Vidi Aleksey che si stava fasciando un braccio, seduto sul cadavere di un altro cinghiale, il corpo di un terzo animale era poco distante.
“Non potevi avvertici che stavi male prima di provocare tutto quel rumore? Per fortuna i cinghiali erano solo tre, ma me ne sono trovato uno addosso prima di capire che cosa stesse succedendo, se non fosse per i riflessi di Sergey e la mira dell’Italiano saremmo morti tutti.”
“Smettila Aleksey, è avvelenato dalle radiazioni, probabilmente non ha avuto tempo di reagire” disse l’Italiano.
“E’ vero” confermai.
“Hai una fortuna sfacciata ad essere accompagnato da tre Stalker esperti” disse Sergey “qualunque novellino al tuo posto sarebbe morto. Andiamo, dobbiamo trovare un posto sicuro per curarti e riposare. Probabilmente anche noi tra poco inizieremo ad accusare i sintomi delle radiazioni.”
“La vecchia fabbrica non deve essere lontana, sbrighiamoci.” Disse l’Italiano. “Con tutti questi corpi non tarderanno ad arrivare altri animali.”
Finii il viaggio sorretto dall’Italiano, la nausea si era un po’ attenuata ma la ferita alla gamba faceva male e nonostante la fasciatura perdevo sangue. Per fortuna dopo poco arrivammo ad un vecchio complesso di edifici, l’Italiano chiamò alla radio e qualcuno rispose, la struttura era in mano ad un gruppo di stalker del villaggio del Cordone, eravamo al sicuro. Ci fermammo al primo piano di un edificio adibito a riparo, l’italiano mi fece distendere su una branda, mi porse una bottiglia di vodka e disse:
“Prendi, bevila tutta”
“Come tutta? Sarà un litro, con questa finisco in coma”
“O così o le radiazioni, scegli tu.”

Non avevo scelta, iniziai a bere, il liquido mi bruciava in gola ma nonostante la nausea riuscii ad ingerirla tutta. Quasi subito iniziai a sentire gli effetti dell’alcool, sentii la testa pesante, il mondo intorno a me iniziò a vorticare e scivolai in un oblio senza sogni.

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