Memorie dalla Zona - Giorno 1 (prima parte)
Un uomo senza memoria si risveglia in un ambiente ostile, pieno di pericoli e di mostri, grazie all'aiuto di alcuni sconosciuti deve cercare di sopravvivere. La sua nuova vita nella Zona inizia da qui.
-Madness-
-Madness-
Giorno 1 (prima parte)
Mi svegliai in una bella stanza
d'albergo, accanto a me c'era una ragazza, potevo vedere i suoi lunghi capelli
biondi adagiati sul cuscino e la sua schiena scoperta, seguii la linea della
spina dorsale che scompariva sotto le coperte. Era stato solo un incubo, uno
stupido incubo. Mi avvicinai per accarezzarla ma lei si girò di scatto, divenne
invisibile e tutto sfumò in rosso.
Mi svegliai, questa volta veramente,
era stato un incubo. Dovevo aver urlato perché vidi tutti e tre i miei compagni
in piedi e all'erta, armi alla mano che si guardavano intorno. Dove avevano
nascosto quei fucili? La sera prima non li avevo visti. Notai che io a malapena
ero riuscito ad alzare il busto mentre loro erano già in piedi e vigili, questa
Zona deve essere veramente pericolosa come dicevano se erano riusciti a reagire
così velocemente. Chiesi scusa, dissi che era stato solo un incubo e dissi che
potevano rilassarsi. L'Italiano lo riferì agli altri due che abbassarono le
armi, uno di loro guardò in un buco e disse che non era ancora l'alba. Mi
sorpresi di questo avvenimento, avevo compreso ciò che aveva detto. Provai
allora a dire qualche parola:
“Ti chiedo scusa amico, riposiamo
ancora un po'.”
Tutti e tre si girarono e mi
osservarono sorpresi. Uno di loro disse:
“Sai la nostra lingua? Come mai
ieri sera sembrava che tu non riuscissi a capire?”
“Non lo so, te lo giuro, ieri
sera comprendevo giusto qualche parola, ma questa mattina riesco a capirvi. Ho
perso la memoria e forse ieri sera il mio cervello ricordava solo l'italiano.”
Allora l'Italiano parlò anche lui
in russo:
“Va bene, abbiamo scoperto che
tutti possiamo usare la stessa lingua per comunicare, ora direi di rimetterci a
riposare fino al mattino, non possiamo farci trovare impreparati”
Finito di riposare ci alzammo,
una flebile luce entrava da delle feritoie sul muro, appena sotto la linea del
soffitto. Gli altri radunarono le loro cose e uscimmo da quel sotterraneo.
L’aria era fresca e le prime luci dell’alba coloravano i prati attorno alla
casa. Osservai l’esterno dallo squarcio sul muro, la luce entrava da destra
perciò capii di stare guardando verso Nord. Mentre gli altri erano indaffarati
ad accendere il fuoco per scaldare un bollitore io rimasi a contemplare quella
visione. Vedevo l’erba alta muoversi spinta dal vento, in lontananza gli alberi
ondeggiavano anch’essi leggermente. Qualcosa attirò la mia attenzione, l’erba
si muoveva in maniera strana, era come se fosse attraversata da una moltitudine
di creature che si dirigevano verso la casa. Dopo poco iniziai a sentire
abbaiare.
“Cani.” Sussurrai. In quello
stesso momento sentii dei rumori alle mie spalle, mi girai e vidi i miei tre
accompagnatori di nuovo con le armi in mano, pronti a tutto.
“Mettiti al riparo, comincia lo
spettacolo” disse l’Italiano.
Obbedii e mi accucciai in un
angolo mentre loro si organizzavano.
“Aleksey a destra, Sergey a
sinistra, io rimango qui al centro e controllo che non entrino dalla porta”
ordinò l’Italiano.
“Lasciate che si avvicinino,
sparate solo quando siete sicuri, ricordatevi che si disperderanno quando
inizieremo a sparare, state pronti.”
Vicino alla casa l’erba era più
bassa così potei vedere quelle creature uscire allo scoperto, saranno state una
decina e puntavano dritte verso di noi. Quando arrivarono a pochi metri dalla
casa le armi ruggirono, il suono era assordante e mi coprii le orecchie con le
mani. Vidi dei cani cadere a terra ma immediatamente gli altri corsero via,
attesero qualche momento e poi tornarono alla carica, questa volta erano di
meno ed infatti vidi l’Italiano voltarsi verso la porta a destra e fare fuoco
mentre il corpo di un cane cadeva sulla soglia, fece fuoco ancora e poi tornò
ad osservare lo squarcio nel muro. I cani adesso si facevano avanti ma subito
scappavano, sembrava stessero temporeggiando. Tolsi le mani dalle orecchie,
nonostante mi fossi riparato quasi subito avevo l’udito offeso, sentivo tutto
ovattato ed avevo un fastidioso fischio di fondo. Scossi la testa per cercare
di riprendermi quando mi trovai faccia a faccia con uno di quei cani. Feci
appena in tempo a notare il bianco dei suoi denti che quello mi fu subito
addosso. Cercava di azzannarmi alla gola ma io lo tenevo a distanza spingendolo
via e stringendogli la gola con le mani. Urlai ma in quei attimi che sembrarono
eterni non fui sicuro che gli altri potessero sentirmi, lottavo con quella
furia e sentivo che stavo per cedere, mi aveva morso le braccia per tentare di
liberarsi ed io non avrei resistito a lungo quando lo sentii improvvisamente
perdere forza. Il cane cadde su di me a corpo morto, mi voltai e vidi
l’Italiano che abbassava l’arma, mi
osservò un attimo e si diresse verso la porta del sottoscala, tornò subito dopo
e disse:
“Questo è stato più furbo degli
altri, ha fatto il giro della casa ed è entrato dall’unica finestra che non era
stata sbarrata. Gli altri cani sono morti o sono scappati”
Si diresse verso di me, mi tolse
di dosso il cadavere del cane e mi aiutò ad alzarmi.
“Non male come primo incontro con
la fauna della Zona, hai avuto un incontro ravvicinato con un cane cieco da
disarmato e ne sei uscito vivo. Non è da tutti. Vieni, dobbiamo togliere di
mezzo questi corpi, attirerebbero altri animali. Sei ferito?”
“Solo qualche taglio superficiale
alle braccia, quella cosa ha delle gran belle mandibole”
“Già, dopo lasciami dare
un’occhiata, le ferite possono sempre infettarsi, è meglio non sottovalutare
nemmeno i graffi.”
L’Italiano prese in spalla il
corpo del mio assalitore e si diresse verso gli altri due.
“Allora, dove li gettiamo?”
“C’è un’anomalia mulinello poco
lontano da qui” disse Aleksey “si è formata un paio di giorni fa ed è nel pieno
della sua potenza. Dovrebbe fare al caso nostro”
“Ok, ognuno prenda in spalla un
corpo. Aleksey mostraci dov’è quest’anomalia, è tempo che il nostro amico qui
veda che cosa succede se non si sta attenti.”
Uscimmo dalla casa e ci dirigemmo
verso Ovest, percorso qualche centinaio di metri ci fermammo sul bordo di una
conca nel terreno, sul fondo l’erba era scura, sembrava bruciata e dal centro
si innalzava una colonna di fogliame e altri detriti che vorticavano lentamente
come spinti da una leggera brezza, il vento che spirava da Nord non sembrava
avere effetto.
“Questa è un’anomalia mulinello”
disse Aleksey, è una di quelle più visibili in quanto la colonna d’aria è molto
alta e sempre piena di detriti, la si può vedere anche da molto lontano. E’
estremamente pericoloso avvicinarsi, ora è in uno stato di quiete ma quando si
attiva attira a se qualunque cosa sia nelle vicinanze. Lasciamo i corpi più
avanti, sulla discesa della conca, il resto lo farà l’anomalia”
Ci avvicinammo di qualche passo,
posammo a terra i corpi e ci allontanammo.
“Forse è meglio se prima andiamo
a prendere gli altri corpi” disse Sergey “non voglio avvicinarmi all’anomalia
mentre è in funzione”
“Hai ragione, non sarebbe saggio.
Andiamo a prendere gli altri”
Tornammo alla casa e raccogliemmo
altri tre corpi, in tutto avevano ucciso sette cani, chissà quanti ne erano
sopravvissuti. Magari la prossima volta ci penseranno due volte prima di
aggredire altri esseri umani, o magari si faranno più furbi e cercheranno altri
modi per attaccare la preda, com’era successo con il mio aggressore. Scacciai
quel pensiero e mi concentrai a portare il mio carico. Posammo a terra i corpi
vicino agli altri e ci allontanammo.
“Sergey, attiva l’anomalia” disse
Aleksey.
“Subito.” tirò fuori dalla tasca
un grosso bullone arrugginito e lo scagliò al centro dell’anomalia.
Istantaneamente si alzò un vento fortissimo, l’aria al centro della conca
iniziò a vorticare velocissima aspirando ogni cosa nel raggio di una decina di
metri, noi ci allontanammo ulteriormente ed osservammo i cadaveri dei cani
salire in alto nella colonna d’aria, girare sempre più velocemente finché non
esplosero in una nuvola scura che ricadde nella conca. Rimasi letteralmente a
bocca aperta, come pietrificato da quello spettacolo.
“Vieni, cerchiamo di fare
colazione ora” disse l’Italiano “intanto darò un’occhiata alle tue ferite. Devo
anche continuare il racconto di ieri sera.”
“Che cosa gli hai raccontato di
così interessante?” chiese Aleksey “hai parlato ininterrottamente per più di
un’ora”
“Oh niente, l’origine della Zona,
come funzionano le cose qui, quello che si racconta ai novellini insomma. Stavo
per iniziare la parte interessante quando mi avete interrotto”
“Ah si? E quale sarebbe?” chiese
Sergey.
“Ma la storia di Strelok
naturalmente”
“Quella si che è interessante,
tra tutte le leggende della zona hai scelto proprio quella più inverosimile”
disse Aleksey “tanto vale raccontargli una favola”
“Non è una leggenda visto che la
fonte principale è tutt’ora reperibile” rispose l’Italiano “Comunque c’è più di
uno stalker che conosce la storia originale, io ne ho incontrati qualcuno e le
loro storie coincidono quindi sono disposto a crederci.”
Alla parola “Strelok” accadde
qualcosa nella mia memoria, venni pervaso da una sensazione indefinibile, non
sapevo per quale motivo ma sentivo che ne ero legato in qualche modo.
“Scusate, ma di che cosa state
parlando, che cos’è Strelok?” chiesi.
“Non cosa è ma chi è” rispose
l’Italiano “Strelok è lo stalker più famoso della zona e quando te lo
racconterò capirai il perché.”
Tornammo alla casa, ci sedemmo
attorno al fuoco e lasciai che l’Italiano guardasse le ferite. Sollevai una
manica e lui passò sopra le ferite con una benda imbevuta di qualcosa.
“Sono ferite superficiali, il
giubbotto di pelle che indossi ha attutito la maggior parte dei morsi” disse.
“Che cosa ci hai messo su quelle
bende? Brucia come l’inferno.”
“Vodka speciale della Zona, è
l’unica cosa che viene prodotta qui, ha un sacco di usi. Ti solleva il morale
quando ti senti giù, ti scalda quando hai freddo, all’occorrenza può essere
usata come un ottimo disinfettante ma soprattutto è un ottimo antidoto per le
radiazioni.”
“Mi prendi in giro?”
“Certo che no, non so bene come
agisca ma so che contrasta l’avvelenamento da radiazioni aiutando l’organismo
ad espellere i radionuclidi. Certo, è sempre preferibile evitare di venire
contaminati ma all’occasione è bello sapere che c’è una cura.”
“Ingerire un veleno per
espellerne dell’altro, che paradosso.”
“O così o muori, sta a te
decidere se morire in pochi giorni oppure più avanti. Comunque se proprio vuoi
esistono medicinali antiradiazioni che arrivano da fuori, però sono molto
costosi e piuttosto rari, la vodka è decisamente più economica. Dammi l’altro
braccio.”
Aveva finito di bendarmi il
braccio sinistro così scoprii il destro, anche li solo pochi graffi ma scoprii
di avere un tatuaggio, una scritta:
S.T.A.L.K.E.R.
Quando l’Italiano lo vide fece un
balzo, era evidentemente spaventato ed iniziò a borbottare da solo.
“Ha il marchio, il marchio. Non
ricorda niente. Tutto come allora, possibile che… Hey voi, date un’occhiata
qui”
E mostrò il tatuaggio agli altri
due che ne rimasero sorpresi.
“Il marchio? Non è possibile”
Disse Aleksey.
“Già, la storia si ripete. Ditemi
esattamente come lo avete trovato” chiese l’Italiano. Aleksey iniziò a parlare.
“Abbiamo una missione da compiere
per l’accampamento al villaggio del Cordone, stavamo tornando dal Bar ed
avevamo da poco attraversato il posto di blocco lungo la strada quando ci
imbattemmo in uno di quei camion della morte, era da un pezzo che non ne vedevo
uno e pensavo che avessero smesso con quest’assurdità, lo sai quanto è
pericoloso viaggiare in un veicolo nella zona.”
“Cosa sono i camion della morte?”
Chiesi.
“Dei camion che trasportano dei
cadaveri fuori dalla zona, nessuno ha mai capito il perché visto che raramente
gli stalker hanno una famiglia che possa reclamare il corpo, molto meglio
gettarlo in un’anomalia come abbiamo fatto noi con quei cani. Ora lasciami
proseguire.
Stavo dicendo, abbiamo visto
questo camion, o meglio ciò che ne restava, poco lontano dalla strada. Doveva
aver preso in pieno un’anomalia gravitazionale perché era a pezzi, c’erano
corpi tutt’intorno. Rovistammo i corpi in cerca di qualcosa di utile quando
scoprimmo che lui era ancora vivo. Trovammo dei documenti italiani e decidemmo
di chiamarti via radio. Intanto visto che era svenuto lo sollevammo a forza e
ci riparammo qui. Un corpo umano è un carico pericoloso, ti rallenta molto e
quello che lo porta non può usare armi, nonostante fosse neanche mezzogiorno
decidemmo che era più prudente rimanere al riparo, almeno fino al tuo arrivo.
Abbiamo aspettato tutto il pomeriggio senza fare niente, tu sei arrivato che
era ormai sera, il resto lo sai.”
“Ok, gli avete preso degli
oggetti mentre era svenuto?”
“Per chi ci hai preso? Per dei
banditi? Noi non derubiamo chi è ancora vivo!” Disse Sergey.
“Già, gli abbiamo preso solo i
documenti per vedere chi era” Disse Aleksey “Non aveva nient’altro addosso. A
proposito, questi sono tuoi” Mi porse i miei documenti, li afferrai ed iniziai
ad osservarli, speravo che facessero scattare qualcosa nella mia memoria ma a
parte quel frammento dell’aeroporto ancora non ricordavo nulla.
“Sapreste dirmi se qualcun altro
era passato prima di voi? Gli altri corpi avevano qualcosa o erano stati
ripuliti?” Chiese l’Italiano.
“Difficile dirlo” rispose Aleksey
“abbiamo trovato qualche benda, un paio di kit medici, niente armi o munizioni
ma potrebbe non voler dire niente, è difficile che i corpi in quei camion
abbiano ancora dell’equipaggiamento. Perché queste domande?”
“Perché a mio parere avreste
dovuto trovare un palmare o un telefono di ultima generazione. Ragioniamo, ha
il marchio, non ricorda nulla, gli manca solo l’ordine di uccidere Strelok e
tutto si svolgerebbe come allora.”
“Signori, non ci sto più capendo
niente.” Intervenni “Smettetela di parlare come se non fossi presente e datemi
qualche spiegazione. Perché dovrei avere l’ordine di uccidere Strelok? E’ una
cosa totalmente illogica. Non so chi sia, non so niente di questa Zona, se non
ci foste voi probabilmente sarei già morto, mi pare assurdo che qualcuno possa
affidarmi un compito del genere.”
Tutto ciò era assurdo, era come
se fossi finito in un brutto sogno, anzi, ero come Alice nel Paese delle Meraviglie,
un paese pieno di radiazioni e mostri, non mi restava che sperare di potermi
svegliare, ma avevo la sgradevole sensazione di essere sveglio.
“La spiegazione è piuttosto lunga
ed articolata, te l’avrei raccontata in ogni caso perché si tratta della storia
di Strelok” disse l’Italiano “Il caffè è pronto, facciamo colazione e poi
partiamo, non possiamo aspettare ancora. Lungo la strada ti racconterò tutto
quanto.”
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