Appunti sul Lockdown
Un vento forte e incessante soffia fuori dal mio minuscolo
appartamento, la pulizia e l’ordine della casa cozzano col disordine del mondo
li fuori. Un vento che ulula dalla notte al giorno, ha una voce primordiale,
potente, che incute timore riverenziale, il silenzio del lock down è complice
di questo vento che fa ondeggiare i grandi alberi della casa in rovina davanti
la mia. La quarantena ha il suono del vento.
Sento che fuori dalla mia vita, dal mio minuscolo e parziale
punto di vista, una rivoluzione che mi lambisce monta piano, prima da lontano
poi sempre più vicino come questo vento. Dicono che un blocco d’aria glaciale sia
calato sull'Italia in questa fine di marzo 2020, le previsioni addirittura azzardavano
una neve leggera una di queste notti. Dentro la TV oscilla tra film
rassicuranti e TG dai toni sempre più inquietanti. Il cielo è di un azzurro
puro le montagne e le colline si stagliano da giorni nella pianura finalmente
quieta. L’aria è pulita, la primavera prosegue incurante, il sole ti bacia
bello come un dio greco.
Questo vento che sferza le campagne senza macchine e gente
trafelata sa di potenza divina, fa scricchiolare l’edificio traballante delle
nostre vite insostenibili, il silenzio è rotto come la verità.
Nelle case affollate di tutte le nostre mancanze ognuno di
noi prova a fare l’indovino, il conto delle proprie carte spesso non torna, l’incertezza
è una nebbia con fissa dimora nel nostro domani. Se tutto ciò da una parte ci
inquieta dall'altra parte tutto ciò, questa fine in Slow Motion del mondo che
abbiamo contribuito a costruire in parte ci solleva dalle responsabilità che
grondano sensi di colpa, il brivido di essere tra gli ultimi a sapere come finirà
la storia ci libera dalla complessità di continuare una narrazione che è stanca.
La nostra storia ha perso la capacità d’inventarsi e come scriveva Konstantinos Kavafis i barbari erano una soluzione e in fondo lo è anche questa
pandemia, sappiamo che vi era un prima e vi sarà un dopo, l’illusione che tutto
torni come era prima nel giro di un paio di mesi è un qualcosa di fragile che
va coltivata con cura.
Il nostro mondo ha bisogno di una fine perché non sa come
continuare la sua storia, gli autori sono stanchi svogliati e distratti,
peccato era una bella storia e l’unico che ora la sfoglia per bene è questo vento
freddo e glacialmente perfetto che spira dal Nord come un canto di vendetta.
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