Vento d'Estate



Quando passeggio per Strada Nova a Venezia incrocio parecchi sguardi; le ragazze, alcune entrano nei miei occhi e si perdono per un po’ ma è come perdersi nelle vetrine e nelle luci delle insegne di Coin, Bata o Lush.


Scambio serate assurde come figurine doppie o canzoni anonime con Bangladesh o colleghi/e con o senza peli sulla lingua.
Scambio il mio tempo con queste parti molli di città non rendendomi conto che l’estate proprio l’altra sera entrò in casa mia; più che una casa sembra un motel un vai e vieni di persone stimolanti che ti fa sentire come viaggiatore di passaggio, acuto osservatore.

Un miscuglio di colori, profumi, tessuti, tendini e arterie alla moda.
Dentro fa tutto cosi freddo che non mi sta nascendo più niente.
Vado in cerca spesso di tabacco, finisco spesso l’ultimo boccone di cibo solo per accendermi e per fumarmi una cicca subito dopo.
Si perché entrano ed escono anime più o meno tormentate coi capelli colorati, piercing e tatuaggi che ti riempiono per bene d’inchiostro il cuore.

Ieri l’estate entrò a casa mia, è salita solo per pisciare poi si è accasciata tra le mie braccia senza forza, senza gloria, senza speranza.
Desideravo baciarla, con una mano dietro la nuca e col pollice che le raccoglieva le lacrime lasciandole al contempo  la mia impronta sul suo viso.
Era cosi abbronzata.

Eppure le mie altri estati me le ricordavo diverse.
Me le ricordavo felici, schifosamente felici;
Mi ricordavo che mi riempivano cosi tanto di ore sotto il sole con una racchetta in mano, di bibite zuccherate, innocenti e fresche, all’ombra con amici più o meno coscienti.

Ricordo giornate al mare senza senso a ponderare gesti e passi sul bagnasciuga, giornate da 2/3 autoscatti e pesche da addentare alle 4 del pomeriggio, il mare senza tante onde ma pieno di gente con costumi fosforescenti e quelle incomprensibili ed immorali mutande sotto il costume.

Mi divincolavo da queste brutte facce alla moda, li evitavo come le meduse in questo mare bello, verde e lercio ma bello, il più bello, si perché quella domenica o lunedi che fosse, significava libertà con i modesti amici e la tua modesta morosa e la rigorosa crema da spalmarsi.

Si giocava a palla, ci si scottava per bene e davanti a noi spiccavano quei soliti condomini pieni di miseria alcuni dell’Ex Jugoslavia eran sempre li che mangiavano la sabbia anno dopo anno; qualche ventata dell’Est passava per di la come un turista, tirando qualche bestemmia stonata e asciugandoci solo un poco appena le orecchie.

Eccola là, la mia estate adriatica, Luglio e le vacanze con la nonna, poi la famiglia, poi con gli amici, poi da solo e finalmente torni diverso dall’estero, poi non sentii più nulla di diverso.
Riapro cosi foto del mio hard disk interiore con ventricoli minuscoli, carico immagini per riportare in vita sguardi o baci o salsedine sui capelli e pelle liscia da accarezzare alla mattina con i lenzuoli stropicciati sul pavimento, o il riposino dopo pranzo distrutti dall’ozio e dalle carbonare…ma non sentii più niente.

La mia casa ideale, bianca e blu, Santorini, Grecia, motorino, canottiera, sassi, pesce, feta.

L’estate di una volta satura di cicale asfissianti, il Luglio in provincia era un inferno caldo, ma quel suono di cicala come quella prima volta a Lignano Pineta quand’ero bambino, è cosi rassicurante.
C’erano sempre nelle mie estati cicale e formiche, ora troppi insetticidi.
Ma poi anche vento mediterraneo, il meltemi, ombelichi da riempire con le labbra salate, fichi dolcissimi da succhiare a colazione.
La pelle che scottava, portafogli come pozzi infiniti, sete moltissima sete sempre, la benzina sotto costo, l’acqua che costava più dell’alcol e poi l’aria che entrava nella macchina per farci respirare ad alta velocità sulle autostrade del Veneto.

L’estate, l’altra sera, mi sfiorava la bocca e mi chiese più volte scusa.
L’estate di un anno fa invece, mi lasciò con dei segnali di fumo e con un SMS.

Ricordo la mia vita appesa a quell’estate, a quei pochi mesi essiccati dall’afa e dai minuti di provincia eterni, sentimenti sbattuti e stesi al sole per evitare la muffa e la puzza.
Si stirava poco e controvoglia, s’ignoravano strati di polvere portati dal tempo e oggetti sparsi qua e la, il caos, le finestre spesso chiuse al mondo e al giardino ..ma dopotutto nessuno più veniva a trovarci nella casa  in campagna, una volta 23 stanze vive ora solo un bilocale pulsante.

Vestirsi con le braghe lunghe a fine Agosto sembrava la morte, parlare di convivenza dopo aver pisciato su un arbusto a Fusina, e di lavori futuri  ed improbabili per procrastinare lo stato di disoccupazione, la morte, anch’essi.

Piovevano a volte gocce di sconfitta, era la stasi con le ruote lisce che usciva di strada sfondava il guard rail e finiva nel Brenta alle 2 di notte. Buio, melma, topi, una trappola in 2 metri d’acqua ma non riesci ad uscirne; oppure restavi in strada e andavi a Dolo a prendere un gelato e a fare due passi per far riposare i corpi sfruttati, lesionati senza tagliando e assicurazioni, logorati dalla noia.

C’era nausea li seduta con noi davanti a quel fiume storicamente importante, masse di umani si spostavano guidati dal qualunquismo di un sabato in un villaggio e l’unica cosa che potevi fare è tornartene a casa e fare del buon sesso; le finestre spalancate per respirare, il futuro che si perdeva nel buio totale come la paura, il fruscio degli alberi, la loro stanchezza, i ladri, il fresco di una notte d'estate, cani che abbaiavano nei campi tutto entrava nella stanza e si mescolava a noi, ai nostri corpi e al tuo irresistibile profumo.
Eravamo solo noi due e il mondo separati da una zanzariera. Migliaia di grilli ovunque, tutto ciò valeva un'estate.

Brunori, Dente e Battisti, spesso erano sui miei sedili a cantare per i miei ritorni a casa, 14 km, qualche birra e una sfida:  non trovare mai un semaforo rosso, contare i minuti, cercare una canzone decente alla radio, notare di quanto è salita la benzina, decidere di fermarsi e farla in piena notte col fresco, con la calma, in solitudine, e poi sentirsi bene con il serbatoio pieno si dorme meglio.

L’altra sera l’estate mi continuava a fissare ma dopo discorsi più o meno futili e delicati, nei miei occhi vedevo solo una bella cosa, bellissima, tremenda, con la pelle come marshmellow, gli occhi di vetro e i capelli che erano fili di lana arricciati.
L’estate dopo un  po’ se ne andò lasciandomi solo ancora.

La prima serata d’estate come spesso mi capita qui in isola la passai tra la folla, a sentire merda, a sentire il nulla finchè non annegai la mia noia e il mio immenso senso di vuoto nel Gin tutto per stordirmi e non realizzare di non sentire niente.

Il tempo passa e va, ed io scrivo con leggerezza e cerco la leggerezza ma non sono affatto leggero.
Forse ciò che scrivo è una speranza, un falso credere che possa esistere una meta a metà fra la leggerezza di gesti usa e getta e la pesantezza di rapporti castrati dalle formalità sociali.
Troppo spesso torno a casa con un eco che mi rimbomba dentro …”avrei voluto sentire…” e cosi basta l’alcol per sublimare tutto, una canzone per perdermi e il sonno per spegnermi.

Domani l’estate continua, domani il lunedi lavorativo riprende e mi sento quasi quasi nobilitato dal lavoro che mi prova fisicamente, che scava nei fianchi, nelle giunture di caviglie e vertebre, dopotutto c’è sempre la possibilità ormai già testata di trovare qualche turista per scambiarsi numeri, contatti, esami del sangue per scopare con scioltezza.

Si va avanti cosi tra alcol, cibo scadente e sesso saltuario ma questa non è l’estate è solamente un copione che va in scena in loop nel Teatro della Serenissima.

L’estate me la ricordavo diversa sapete!!!…quella da corteggiare.
 Senza tanti problemi, farfalle in pancia anche a 30 anni;
…o dentro o fuori, le lentiggini, mano nella mano qualche passo assieme per il mondo, un bacio sul collo per sentire il profumo e riconoscersi “si sei proprio tu”.
E poi gli occhiali scuri e i vestiti larghi, le spalle scoperte e gli occhi che ridevano verso il sole e gridavano…”che bella è.. la vita!”.

A volte soffia un vento d’estate  per far rinfrescare qualche tramonto o qualche nottata qui a Venezia;
E’ cosi leggero …vieni a prendermi e portami via.



cincinnatus

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