Quel posto che non c'è

C’è un posto che non conosco C’è un posto che sogno spesso, sempre con gli stessi dettagli Quel posto è l’oggettivazione personale della libertà di una notte di mezza estate. Una di quelle notti insignificanti per la massa, una di quelle notti dove non si beve e non si balla tanto, dove le strade sono più spaziose. Ci sono io in quel posto e c’è un’altra presenza che non riesco a riconoscere perché tutto è buio c’è solo la luna che cade nelle onde e viene verso di noi. C’è questa cornice, di solitudine salata, di pace fresca portata dalla brezza di un’estate gentile C’è una duna, un’insenatura e qualche arbusto secco e spinoso, niente ombrelloni, niente case, niente rumori solo alle nostre spalle le luci lontane di qualche centrale umana. Ci sono io e la presenza che corriamo sulla strada coi finestrini aperti per andare là. Quando lei non può venire emigro da solo, arrivo lì per staccare la vita con ciò che ho e ciò che vuole avermi. Qui c’è solo il mare, c’è solo il silenzioso rumore della risacca, ci sono poche sigarette da fumare. Non riesco a definire questo posto, non so nemmeno se esista, ma lo saprei disegnare perfettamente, sento i colori, potrei delineare i profumi, è sempre quello, lo raggiungo nel sogno ma anche durante il giorno. Fisso gli occhi su un oggetto e poi parto lasciando lo scheletro e la pelle lì immobili; Arrivo lì nudo, arrivo lì solo, per sentire la libertà, per scappare, voglio setacciare la realtà per provare a scovare questo posto. Sembra quasi che questo pensiero, quest’ancora d’arte che mi rimane impigliata alla gamba per non affondare sia il mio vero teatro dove posso esprimermi, senza scarpe, con bermuda, maglia sventolante e il capello spettinato; solo o in compagnia, con una birra fresca o una cicca amara non importa, io voglio quel posto per sentire cosa fare della mia vita, voglio portare le mie idee anarchiche dove finisce il mare nero e inizia l’orizzonte e perdermi in quel buio pesto, voglio che ci sia salso e iodio, voglio che mi si appiccichino addosso, voglio scrivere una poesia e sentirmi i peli grossi e secchi di sale, ormai mi conosco questo è il posto che più mi appartiene. Malinconicamente può essere un’inconscia storpiatura di qualcosa che ho già vissuto; Romanticamente può essere che questa culla di emozioni senza polpa diventeranno reali un giorno; Maledettamente quel paesaggio potrebbe essere la rappresentazione più modesta dello spleen verdastro, della voglia di evadere, della follia creatrice che solo sotto la luna e vicino all’acqua possono uscire dalle mie dita; Tragicamente può essere che questo luogo così magico possa in realtà essere l’anti-realtà e quindi solo un Kandinski di mezza estate, solo una vaga espressione della leggerezza, solo un freddo calcolo dell’emozionale addizione estate+notte, solo note cariche di saturno, solo spuma, solo pezzi di conchiglie rotte, solo carcasse di granchi spiaggiati, solo mozziconi essiccati senza filtro, solo un profumo nelle mie narici, solo capelli tra le mani, i capelli di lei che seduta di fianco a me ha lasciato la sua impronta ed è sparita. Giugno 12 Autore: Cincinnatus

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