«la vita si adorna del lucente cellophane della “serena apparenza”» Günther Anders
Prendetene e soprattutto leggetene in molti.
Ho pescato questa pagina dal sito www.filosofico.net.
Il pensiero verte sulla definizione di uomo antiquato reso tale nel confronto con la macchina, la tecnologia perfetta ed immortale; l'uomo vorrebbe sfidarla, imitarla, viene investito dal mondo tecnologico più o meno passivamente e alla fine ci riesce, riesce ad avvicinarsi alla macchina solamente per quanto riguarda la sterilità emotiva.
Cincinnatus
Il pensiero di Anders (inspiegabilmente poco conosciuto, non solo in
Italia) si radica profondamente nella cultura nel ‘900, la sua filosofia è
volta a stabilire le cause che hanno portato l’uomo a creare una società in cui
l’unico protagonista è l’apparato tecnico.
Secondo Anders, infatti, oggi viviamo in un mondo in cui la macchina e gli
oggetti prodotti in serie sono diventati i protagonisti della storia, il mondo
è il luogo in cui ogni essere umano è 'gettato' e costretto a vivere in qualità
di essere totalmente inadeguato ai nuovi tempi.
Figura paradigmatica di questa situazione è Prometeo. Infatti, ciò che
caratterizza oggi, più che mai, l’uomo è la vergogna prometeica. L’uomo della civiltà
tecnologica, come un novello Prometeo, è subalterno alle macchine da lui stesso
create, e per queste prova soggezione e vergogna. Questa vergogna è anche
legata a una sorta di dislivello tra l’uomo e i prodotti meccanici, che essendo
sempre più efficienti e funzionali lo oltrepassano facendolo diventare antiquato. Le macchine sono perfette, funzionano e sono ripetibili in serie: questo
concedo loro una sorta di eternità che all’uomo è negata. Di fronte alle
macchine l’uomo perde la sua importanza all’interno del sistema sociale, egli
diventa antiquato perché, appunto, ha bisogno di riposarsi, di mangiare, di
divertirsi mentre le macchine funzionano “sempre” senza intervalli e
distrazioni. Il parallelo uomo-macchina sembra, dunque, volgere tutto a favore
di quest’ultima.
Se la prima rivoluzione industriale è consistita nell'introduzione del
macchinismo, se la seconda si riferisce alla produzione dei bisogni, la terza
rivoluzione industriale (quella che attualmente stiamo vivendo e che è nata
nello scorso secolo) è per Anders quella che produce l'alterazione
irreversibile dell'ambiente e compromette la sopravvivenza stessa dell'umanità.
Simbolo incontrastato e paradigma della nuova era (e della sua
pseudo-cultura) è indiscutibilmente la televisione.
Secondo il filosofo tedesco lo sviluppo della radiotelevisione è la piena
espressione della società tecnologica, dove i diversi "mezzi"
acquistano in effetti la sovranità sulla vita, non solo lavorativa. Questo è il
segnale di una nuova fase, più perfezionata, della cultura di massa. Prima,
sostiene Anders, il pubblico di massa si trovava almeno unito dal fatto di
assistere insieme a uno spettacolo (pensiamo al teatro o al cinema), di
condividere le emozioni. Con la televisione questo non avviene più, in quanto
si impone una forma di atomizzazione. Il carattere domestico del mezzo è per il filosofo il maggior responsabile dell’ appiattimento
emozionale che caratterizza il nostro essere. Guardiamo tutti le stesse cose,
compriamo tutti le stesse cose e di conseguenza parliamo delle stesse cose e
pensiamo in blocco le stesse cose: non c’è più spazio per l’originalità,
ma solamente per l’omologazione intellettuale. "Ogni consumatore è un lavoratore a domicilio non stipendiato che
coopera alla produzione dell'uomo di massa", e aggiunge. "Dato che il mondo ci è fornito in casa, non ne andiamo alla ricerca;
rimaniamo privi di esperienza". L’esperienza muta: ora la televisione
occupa la maggior parte del nostro tempo libero e fare esperienza (interagire
con gli altri, leggere, etc.) non sembra essere più necessario. Con la
televisione cade, inoltre, ogni barriera tra realtà e fantasia. Infatti la
televisione sembra sostituire anche i nostri sogni.
da www.filosofico.net
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