La Sindrome di Stoccolma e dintorni

"E forse non è vero che si abitua, si è sempre più stanchi, semplicemente." Charles Bukowski

Ogni giorno vi vedo camminare a testa china nelle vie delle città, parlare al cellulare imbottigliati nel traffico all'ora di punta, osservare distratti il cielo alla fermata dell'autobus, vi vedo perché sono anni che mi aggiro in mezzo a voi, che percorro le stesse strade mescolandomi a voi come sangue nelle arterie di queste grandi metropoli tutte uguali.
Nel frattempo il mondo gira veloce e si volta per non vedere l'orrore del secolo presente.
La terra bagnata dal sangue dei bambini, il mare reso grigio dall'oceano dei consumi, il vento sanguinante ferito dai missili intelligenti, le rovine delle città antiche miste alle rovinose costruzioni contemporanee.
Quanto tempo ci rimane per cercare d'invertire i poli magnetici di tutto questo male? Non abbastanza, probabilmente.
E così vittima di sofisticati inganni l'uomo si abbruttisce e si condanna ogni giorno ad una maledizione senza possibilità di redenzioni tardive.
Una società vacua che oscilla tra depressioni ed euforie passeggere, la bussola non segna più il nord in questo naufragio emozionale collettivo.
Così in questo delirio di notizie convulse, tra queste esplosioni lontane che rimbombano nelle nostre noie domenicali, le coscienze cadono una ad una, come cadevano quei ragazzi ventenni cent'anni fa in quelle trincee, morivano ignari del perché.

I corpi e le abitudini sono i piloti automatici di esistenze per cui abbiamo rinunciato a lottare, beviamo alcol per affogare tutti i sogni che abbiamo abortito, i piaceri piccoli sono il rifugio degli spiriti complessi e nelle nostre esistenze difficili l'unica cosa davvero facile che ci sia rimasta è la morte.
Sovraccaricare l'amore di speranza ci permetterà di guardare albe nuove con occhi diversi fino alla prossima disillusione.
Così rubando briciole ci sfamiamo abbastanza per assistere all'arrivo della nuova stagione senza altri piani che non siano quelli di fuga. Le droghe non funzioneranno, non salveranno questa realtà troppo corrotta dal dolore nascosto di troppi.
E tu che queste verità scomode non le vuoi guardare negli occhi mi ricordi tanto quelle vittime dei sequestri che si innamorano dei rapitori, vittima di quella sindrome da città svedese che ti spinge all'amore per le catene. D'altronde la Libertà costa troppo, essere liberi presuppone sforzi di cui non sei più capace e così scivolando nei cieli sconfinati delle rinunce cadi innamorato di ciò che ha sterminato le tue illusioni e trucidato la tua purezza. E preferisci vivere in un angolo di pace bugiarda ad una libera vita di guerra sincera.


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